#NOBULLISMO – Voce ai giovani è una gara d’idee pensata per sensibilizzare la società sulle gravi conseguenze del bullismo e del cyberbullismo, e per dare ai ragazzi tra i 15 e i 30 anni la possibilità di offrire un contributo concreto per promuovere una cultura basata su confronto, libertà e sicurezza.
Se hai un progetto e vuoi metterti in gioco, hai tempo fino al 7 novembre per inviare la tua proposta sul sito dell’Aied. Al vincitore spetta un premio di 2 mila euro e la possibilità di fare la differenza!
Sul portale dell’associazione sono già stati caricati oltre 20 progetti che è possibile consultare e condividere.
La premiazione avverrà sabato 26 novembre e l’Aied Roma ha reso nota la giuria che selezionerà il vincitore. La giuria sarà formata da rappresentanti di associazioni del settore, psicologi, giornalisti ed esperti che si confronteranno sui progetti in gara attraverso una tavola rotonda.
Sempre in tema di #NObullismo, l’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica ha lanciato in rete una ricerca-sondaggio per entrare nel mondo dei giovani, parlare il loro stesso linguaggio e capire i motivi alla base della “violenza bulla”, nonché le reazioni di chi la subisce. I risultati ottenuti dalle risposte, che saranno raccolte in forma anonima, saranno analizzate e rielaborate in uno studio che sarà presentato il prossimo 26 novembre.
Il parere dell’esperto – Maurizio Costantini, psicologo dell’Aied Roma
«Gli atti di bullismo possono traumatizzare una persona, soprattutto se non ha nessuno con cui parlarne e se non viene aiutato; l’entità di un trauma dipende dal nostro carattere, dal contesto in cui ci troviamo, dal momento evolutivo che stiamo vivendo. Di sicuro, atti di bullismo possono condizionare pesantemente la vita di una persona così come chi subisce violenza sessuale», spiega Maurizio Costantini, psicologo dell’Aied Roma.
Nella stragrande maggioranza dei casi le violenze, psicologiche, verbali o fisiche avvengono nel luogo in cui i giovani trascorrono numerose ore delle loro giornate e vivono le loro principali esperienze: la scuola.
«La scuola ha un compito fondamentale. Tra le cose da fare, al primo posto, metterei il tema della comunicazione: promuovere una comunicazione efficace e rispettosa dell’altro all’interno del contesto scolastico e familiare è alla base per prevenire ogni forma di violenza. È necessario promuovere una vera e propria cultura all’interno del sistema scolastico dove anche gli studenti diventino parte attiva di un processo di crescita e di apprendimento», spiega il dottor Costantini.
Altrettanto fondamentale è l’ambiente familiare: «Uno dei problemi più frequenti è che le vittime temono che il coinvolgimento dei genitori possa peggiorare le cose. Per questo è importante per i genitori monitorare i comportamenti dei figli, imparare a osservarli e a comunicare con loro in modo aperto e sereno, e far capire che se qualcosa non va si possono prendere delle decisioni insieme. È fondamentale che il figlio partecipi attivamente alla soluzione del problema. Spesso il genitore agisce in preda all’ansia senza tener conto che il problema lo sta subendo suo figlio, e quindi anche lui va coinvolto nella soluzione, valorizzando così le sue risorse e competenze», conclude Costantini.