La scrittrice più famosa al mondo detesta i bulli.
Joanne Murray, nata Rowling e famosa in tutto il globo come J. K. Rowling, ha a cuore il tema del bullismo, o meglio, ha a cuore le vittime del bullismo e aborrisce i loro carnefici. Hogwarts è una scuola magica, e come in ogni scuola ci sono i bulli. E “Il Seggio Vacante” è un romanzo incentrato sullo snobismo, sull’ipocrisia e sulla violenza emotiva (leggi bullismo).
Partiamo da quest’ultimo romanzo, edito nel 2012. Vi si raccontano le vicissitudini di un paesino della provincia inglese, Pagford: all’apparenza un piccolo paradiso della campagna britannica, nei fatti un inferno per chi è povero, diverso o progressista. A Pagford il bullismo si manifesta a più livelli. Sembra quasi che Mrs. Rowling abbia creato un’enciclopedia sul bullismo.
Bullismo classico: Sukhvinder Javanda è presa di mira dai suoi compagni perché poco avvenente, dislessica e timida. Il suo peggior aguzzino è Stuart “Ciccio” Wall. E poi c’è Krystal Weedon, che di fatto è l’eroina del romanzo: povera, figlia di una madre sola e tossica, con un fratellino problematico, a scuola è discriminata per la sua situazione, sfruttata sessualmente dal fighetto della scuola e osteggiata dai benemeriti della città.
Bullismo famigliare: Andrew “Arf” Price e il suo fratellino Paul vengono tiranneggiati da Simon, padre-padrone e manesco. E la stessa Sukhvinder, che la madre Parminder vorrebbe più sicura di sé e la umilia in continuazione per spronarla.
Snobismo (bullismo di ceto): la famiglia Mollison è, in pratica, una stirpe di nazisti fuori tempo massimo, che alla violenza della parola sostituiscono la leziosità e il sorrisetto ipocrita tipicamente inglesi che vi faranno venire il travaso di bile. I Mollison infornerebbero chiunque non appartenga al loro cerchio magico.
Non dimentichiamo il campanilismo, che è una forma molto antipatica di bullismo (non che ve ne siano di simpatiche), e i pagfordiani doc schifano chiunque provenga da oltre le loro mura cittadine. L’odio è rivolto soprattutto verso gli abitanti dei Fields, un quartiere degradato, abitato da famiglie poco ambienti e da tossici, di cui i pagfordiani farebbero volentieri a meno.
Infine, non mancano spacciatori e malavitosi che fanno i bulletti con i tossici di Fields. Obbo, lo spacciatore della madre di Krystal, è quel tipo di malavitoso che le recenti produzioni televisive e cinematografiche tendono a mostrarci come antieroe fico e badass, ma che in realtà rappresentano solo uno stile di vita di merda.
Insomma, J. K. Rowling si è sbizzarrita nel mostrare questo piccolo zoo di bulli e relative vittime, ma, come nei classici di Dickens – di cui J.K. Rowling, a mio modesto parere, rappresenta la degna erede – godrete come porcelli nel trifoglio quando, alla fine del romanzo, ognuno riceverà il corrispettivo di quanto seminato.
Il figlio prediletto di Mrs. Rowling, poi, è un campione anti-bullo. Harry Potter è il compagno di classe che ogni bulleggiato vorrebbe. Quando Harry assiste ad atti di bullismo, gli gira il boccino e parte di manico di scopa. E nei sette libri questo succede parecchie volte.
Pensiamo, per esempio, a tutte quelle volte che è venuto alle bacchette con quel sancarlino di Draco Malfoy. Negli anni delle scuole superiori ho conosciuto uno stronzetto così, somigliava pure a Tom Felton, l’attore che è stato Malfoy per dieci anni. Questa mia conoscenza si atteggiava da pappone coi soldi di papino, mostrava una smorfia perenne di chi ha la cacca spalmata sotto il naso e avrebbe reintrodotto volentieri la schiavitù per gli immigrati e per i compagni di classe con un reddito inferiore a centomila euro annui. Come molti altri suoi simili, era figlio di professionisti simpatizzanti di partiti che quella schiavitù vorrebbero reintrodurla per davvero.
E Malfoy è proprio questo: quando riconosce a naso Ron Weasly dai vestiti di quinta mano, quando insulta Hermione Granger col nomignolo di sanguesporco, e quando tormenta Neville Paciock per cinque dei sette libri. E, come ogni bullo borghesino, ha sempre alle calcagna due scagnozzi, figli di subalterni del padre, che ridono alle sue battute stronze e fanno per lui il lavoro sporco, Tyger e Goyle.
E poi c’è lui. Voldemort. Chi altri non è Voldemort se non un bulletto rabbioso troppo cresciuto? Non voglio banalizzare l’eccelsa scrittura della Rowling, ma Voldemort è soprattutto questo: un bullo. È arrogante, convinto che l’unica differenza tra persone sia tra forti e deboli. Crede che i nati-babbani, cioè i maghi discendenti da comuni mortali, siano un cancro da estirpare. E, come tutti i capi bulletti, ha una masnada di ammiratori (i Mangiamorte) che, più per timore che per sincera ammirazione, lo appoggiano e gli conferiscono intoccabilità con la loro condiscendenza. Voldemort è un bullo complessato che maltratta qualcuno perché povero, o immigrato, o semplicemente timido, e quindi debole, dal suo perverso punto di vista. E i Mangiamorte sono i suoi compagnucci di classe che gli leccano il culo solo per timore, perché sanno che basta un capriccio del bullo e chiunque di loro potrebbe diventare una nuova vittima.
J. K. Rowling è la maga cacciatrice di bulli. Se avete, o avete avuto problemi di bullismo a scuola, o se soffrite mobbing a lavoro, o se vivete in una comunità di campanilisti ignoranti, troverete una forte alleata in J. K. Fidatevi di lei, vi regalerà scariche di dopamina che vi faranno sentire più forti e vi darà la carica per affrontare gli stronzi che vi circondano.
Vi dirò un segreto. Chi scrive ha sofferto bullismo a scuola. Da bambino mi offendevano chiamandomi (tra le altre cose) Harry Potter perché portavo gli occhiali. Ovali, nemmeno tondi. Per questo motivo odiavo Harry Potter e la sua creatrice, perché incolpavo loro delle mie sventure. Credevo, nella mia testolina immatura di dodicenne, che Mrs. Rowling si stesse arricchendo sulle mie sofferenze, e questo mi ha privato della lettura dei suoi romanzi per un bel po’. Solo dopo qualche anno, a quindici anni, ho letto i suoi libri (cinque in un’estate) e ho eletto Mrs. Rowling a mio modello di scrittore e filantropo (perché J. K. Rowling fa anche un ottimo uso dei miliardi che ha tirato su).
Se avessi conosciuto Harry Potter a dodici anni, se avessi conosciuto la forza morale di questo gran personaggio già all’epoca… be’, mi sarei sentito più forte io e avrei riso di quei fessi che, in pratica, mi stavano definendo migliore di loro. Quindi, amici bulleggiati, leggete. Vampirizzate la forza di questi eroi di carta. I bulli di solito non leggono, o se lo fanno, leggono cacate, per questo hanno uno spirito debole. I libri non sono il passatempo dei deboli: sono la fonte d’energia dei forti.
Fatevi forza, leggete.
Cosimo Dellisanti